L'estate di Giacomo

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Titolo: L’estate di Giacomo
Regia: Alessandro Comodin
Soggetto: Alessandro Comodin
Sceneggiatura: Alessandro Comodin
Fotografia: Tristan Bordmann, Alessandro Comodin
Montaggio: João Nicolau, Alessandro Comodin
Produzione: Faber Film, Les Films Nus, Les Film d'ici
Distribuzione: Tucker Film
Origine e anno: Belgio, Francia, Italia, 2011
Durata: 75’
Premi: Locarno Film Festival (2011): Pardo d’oro Cinema del Presente, Premio George Foundation (Svizzera); Festival dei Popoli (2011): Menzione speciale competizione internazionale; Belfort International Film Festival (2011): Grand Prix du Jury and Prix Documentaire Grand; SulmonaCinema Film Festival (2011): Ovidio d’Argento per il miglior film; Jeonju International Film Festival (2011): Woosuk Award/Grand Prize International.
Interpreti: Giacomo Zulian (Giacomo), Stefania Comodin (Stefania), Barbara Colombo (Barbara).

Trama:

I giorni si susseguono indistinguibili nella calda estate friulana che Giacomo, un ragazzo con problemi di udito, e la sua amica Stefania trascorrono fra bagni nel Tagliamento, feste di paese, il suono della batteria e lunghe passeggiate in bici.

Commento:

Il regista e montatore Alessandro Comodin, originario di San Vito al Tagliamento, esordisce con un film dall’atmosfera sospesa e rarefatta che tratta del rapporto complice e di affetto fraterno fra un ragazzo ipoudente e una sua amica di vecchia data. Mediando fra il regime della fiction e quello del documentario, la macchina da presa assume la funzione di mezzo di investigazione e, allo stesso tempo, di disvelamento della realtà. I corpi sono indagati con occhi partecipi e resi il centro di interesse principale del racconto. L’immagine, posta in una posizione gerarchicamente superiore al dialogo, non è mai costretta ad assumere un punto di vista morboso o voyeuristico. L’applicazione di uno stile che sembra premiare il realismo e che, a un primo impatto, può apparire fin troppo rigorosa diviene, in realtà, il principio fondante della costruzione dell’universo scenico del film. I limitati movimenti di macchina e la fissità protratta di alcune inquadrature, l’insistito pedinamento dei protagonisti, la volontà di esibire la messinscena, la luce naturale che disegna i contorni morbidi della fotografia, la ripetitività dei gesti e l’apparente mancanza di uno sviluppo narrativo illuminano, così, una vicenda di vicinanza fisica e spirituale, connessa da uno stretto legame alla stagione estiva e in grado di restituire un volto nuovo al luogo che rappresenta, trasformandolo sottilmente in un ambiente quasi fiabesco. Se è vero che la prolungata osservazione di un qualunque oggetto ne modifica sensibilmente la percezione, L’estate di Giacomo, con la sua eredità zavattiniana, la mancata imposizione di un univoco orizzonte di interpretazione e l’attenzione garbata verso i momenti di vuoto e le azioni trascurabili, rende manifesto un mondo, altrimenti invisibile, di piccole cose, in cui il sé è utopicamente in armonia con l’altro e la natura.

Scheda a cura di Giuseppe Bambagioni.